La morte del carnevale e il testamento di Grugno Corocotta

Prima di dichiarare morto il carnevale ed entrare definitivamente nel tempo di Quaresima, consentiamoci un’ultima goliardata proprio come si usava un tempo, quando durante il martedì grasso le strade erano piene di guitti e bricconi che si lanciavano in invettive e scherzi di ogni tipo. In maniera sguaiata cantavano e recitavano composizioni satiriche che annunciavano la fine della sregolatezza carnevalesca: un ultimo banchetto, un’ultima sonata, un’ultima scarica di colesterolo e poi è già tempo di togliere la carne, di salutare il tempo grasso, e ricondurre la propria fragilità e la propria incostanza al cospetto di Dio Padre attraverso la contemplazione del mistero del Figlio, l’unico capace di placare la nostra fame, l’unico capace di salvarci dal nostro destino di polvere.

L’autore di questo scritto, noto come Testamentum Porcelli, è ignoto e si pensa sia vissuto attorno all’anno 350 d. C. Da San Gerolamo, vissuto fra il IV e il V secolo, sappiamo che il testamento del Porcello veniva recitato dai fanciulli delle scuole a mo’ di filastrocca suscitando sempre grandi risate. Buona lettura.

Inizia il testamento del maiale
Il sottoscritto M. Grugno Corocotta, maiale, ha fatto testamento. E non potendolo scrivere di mano sua, lo ha dettato affinché venisse scritto.
Il cuoco Cuciniere mi disse “vieni qua, porco che metti sottosopra tutta la casa, girovago e sempre fuggiasco, oggi porrò fine alla tua vita”.
E il maiale Corocotta disse “se ho fatto qualche cosa di male, se ho peccato, so ho rotto dei vasi con i miei piedi, o signor cuoco, ti chiedo di avere salva la vita, fai questa grazia a chi ti prega”.
E il Cuciniere disse: “Vai garzone e portami un coltello dalla cucina per scannare questo maiale”.
E il maiale viene afferrato dai servi il sedicesimo giorno delle calende di Candelora, sotto il consolato dei consoli Tegame e Speziato quando abbondano le verze. E quando egli vide che doveva ormai morire, implorò un’ora di tempo e chiese al cuoco di poter fare testamento.
E così chiamò a sé i suoi parenti per poter lasciar loro le sue cibarie. E così disse:
“A mio padre Verro de’ Lardi dò e lego che siano dati trenta moggi di ghiande e a mia madre Vetusta Troia dò e lego che siano dati quaranta moggi di segale della Laconia e a mia sorella Grugnetta, alle cui nozze non potei esser presente, dò e lego che siano dati trenta moggi di orzo.
Delle mia interiora dò e donerò ai calzolai le setole, ai litigiosi le testine, ai sordi le orecchie, a chi fa continuamente cause e parla troppo la lingua, ai bifolchi le budella, ai salsicciai i femori, alle donne i lombi, ai bambini la vescica, alle ragazze la coda, ai finocchi i musculi , ai corridori ed ai cacciatori i talloni, ai ladri le unghie ed infine al qui nominato cuoco lascio in legato mortaio e pestello che mi ero portato: da Tebe fino Trieste ci si leghi il collo usandolo come laccio.
E voglio che mi sia fatto un monumento con su scritto in lettere d’oro: “Il maiale M. Grugno Corocotta visse 999 anni e mezzo e, se fosse campato ancora sei mesi, sarebbe arrivato a mille anni”.
Carissimi miei estimatori e preparatori, chiedo che con il mio corpo vi comportiate bene e che lo condiate di buoni condimenti, di mandorle, pepe e miele in modo che il nome mio sia lodato in eterno. E ordinate al mio padrone e a mio cugino che sono stati presenti al testamento, di firmarlo.
Firmato da Lardone.
Firmato da Bisteccone.
Firmato da Comino.
Firmato da Salsiccio.
Firmato da Coppa.
Firmato da Capocollo.
Firmato da Prosciutto.
Qui finisce in tutta regola il testamento del maiale redatto il giorno 16° delle calende di Candelora, consoli Tegame e Speziato.

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